I percorsi professionali più promettenti combinano competenze IT di base, integrazione dell’intelligenza artificiale e ciò che le persone sanno fare meglio.

Solo pochi anni fa, sottolineare la necessità dell’intelligenza umana e dell’intuito nel lavoro IT sarebbe sembrato fantascienza. Oggi, invece, i professionisti del settore tecnologico possono apportare vantaggi alle loro aziende e a se stessi gestendo, supervisionando e scalando il lavoro degli agenti automatizzati.
È ovvio che la tecnologia evolve rapidamente, tuttavia, secondo gli esperti, l’integrazione dell’AI nell’IT ricorda i primi giorni di Internet, quando chi si adattava eccelleva e chi non lo faceva rimaneva indietro.
“I leader tecnologici stanno affrontando una reale incertezza, relativa non solo al fatto che i loro team abbiano le competenze giuste per la tecnologia del futuro, ma anche che sappiano cosa farne”, secondo un recente sondaggio PwC [in inglese] effettuato tra CIO e CTO. “Il successo a lungo termine richiede che le persone e la tecnologia evolvano insieme”.
Mentre l’automazione sostituirà le attività che erano alla base delle competenze IT, i leader ammettono che questo cambiamento possa creare opportunità per coloro che sono disposti a integrare l’intelligenza artificiale, le piattaforme cloud, l’analisi dei dati e la sicurezza per risolvere i problemi e innovare.
Di tendenza: concentrarsi su ciò che gli esseri umani sanno fare meglio
Kelly Raskovich [in inglese], senior manager del gruppo Emerging Technology di Deloitte, è certo che i professionisti della tecnologia possono sfruttare i punti di forza dell’AI e allontanarsi dai suoi punti deboli per guidare in modo proattivo il cambiamento nelle loro organizzazioni e nelle loro carriere.
“Via via che l’intelligenza artificiale migliora nel lavoro tecnico di precisione, il vantaggio passa a coloro che sono in grado di allargare lo sguardo per tradurre la complessità e orientarsi nell’ambiguità”, osserva Raskovich. “Persone che uniscono la padronanza della tecnologia alla creatività, alla curiosità e alla capacità di raccontare storie”.
Cita come esempio l’ingegneria del software, dove le competenze di codifica sono importanti ma non sono più l’unico modo per portare a termine il lavoro.
“Con l’aiuto dell’AI nella codifica, o dei copilot, sta diventando sempre più importante la capacità di inquadrare un problema, orientare una soluzione e capire quando la macchina non centra l’obiettivo”, afferma. “Non è tanto che i ruoli stiano scomparendo, quanto piuttosto che la definizione di ciò che li rende preziosi sta cambiando”.
Un recente studio Pearson [in inglese] che affronta il tema dei ruoli futuri nel settore IT ha rilevato che, mentre le attività di routine come la manutenzione del codice, i backup di rete, la manutenzione dei sistemi, la correzione degli errori e l’aggiornamento del software sono tra quelle più suscettibili di essere interessate dall’automazione, “le attività incentrate sul lavoro con gli altri, tra cui la supervisione, la formazione e le discussioni sui progetti, saranno quelle meno colpite”.
In declino: alla ricerca di ogni competenza tecnica
I professionisti IT dovrebbero evitare di cercare di padroneggiare ogni potenziale nuova tecnologia, tiene a precisare Raskovich di Deloitte, ma piuttosto acquisire conoscenze sufficienti per porre domande e collaborare in modo efficace, sia con i colleghi di altri reparti che con i sistemi intelligenti.
“Tutto ciò che già sappiamo fare, un computer finirà per farlo meglio”, dice. “Più un’attività è basata su regole o modelli, più velocemente viene assorbita dal dominio delle macchine. In un mondo in cui gli strumenti evolvono di trimestre in trimestre, cercare di padroneggiarli tutti è come correre su un tapis roulant da cui non si scende mai. Nel panorama odierno, l’ampiezza è la nuova profondità”.
Di tendenza: progettare sistemi intelligenti in grado di adattarsi
C’è una crescente domanda di professionisti esperti di tecnologia in grado di progettare architetture adattive, intelligenti e automatizzate, afferma Jean-Philippe Avelange [in inglese], CIO di Expereo.
“Non stiamo più parlando solo di data scientist”, dichiara Avelange. “Si tratta di ingegneri, architetti e product owner in grado di integrare l’AI in piattaforme, flussi di lavoro e customer experience. Le persone più richieste sono quelle in grado di tradurre requisiti complessi in soluzioni modulari e scalabili. Ruoli come quelli di ingegnere specializzato nei sistemi di intelligenza artificiale, architetto delle piattaforme informatiche e stratega dell’automazione stanno diventando fondamentali in ogni iniziativa di trasformazione”.
In declino: la manutenzione del codice tradizionale
Dev Nag [in inglese], fondatore e CEO di QueryPal, vede un’opportunità per gli sviluppatori di abbandonare la manutenzione del codice e il lavoro di base di basso livello per dedicarsi a compiti più importanti.
“I programmatori esperti descrivono il lavoro con l’intelligenza artificiale alla stregua del poter contare su uno sviluppatore junior nello staff, grazie al quale iterazioni che prima richiedevano una settimana comporteranno un impegno di pochi minuti o di poche ore. Ciò ha contribuito a creare valore nei ruoli incentrati sulla supervisione dell’AI, con molti programmatori che si considerano ormai soprattutto orchestratori di AI”.
Nel frattempo, un calo delle carriere tradizionali nel campo dello sviluppo [in inglese] fa parte di questa evoluzione nell’ingegneria del software, rileva Sean McCormack [in inglese], CIO di First Student.
“Le aziende tecnologiche leader, tra cui Google, Meta, NVIDIA e altre, stanno già rallentando nelle assunzioni di ingegneri del software”, dichiara McCormack. “Molte aziende si aspettano che gli AI agent scrivano il 50% o più del codice di produzione entro il prossimo anno o i prossimi due”.
Di tendenza: gli approcci ibridi alla sicurezza
I professionisti IT con competenze in materia di sicurezza informatica sono sempre molto richiesti e le minacce sofisticate hanno creato la necessità di professionisti della sicurezza in grado di operare con l’AI per prevenire e indagare sugli incidenti. Con l’escalation cybercrime avanzato, le competenze in materia, nonché relative alla privacy dei dati sono più richieste che mai.
JL Graff [in inglese], vice president dei programmi universitari IT dell’Università di Phoenix, ha la convinzione che la protezione 24 ore su 24, 7 giorni su 7 dei dati sensibili stia diventando sempre più difficile, soprattutto per tutte quelle realtà che non hanno integrato mezzi automatizzati per contrastare le minacce.
“Alcune società potrebbero persino dover setacciare milioni o addirittura miliardi di data point, cosa impossibile da fare manualmente per gli analisti della sicurezza”, riflette. “I sistemi automatizzati possono rispondere alle minacce senza l’intervento umano, isolando i dispositivi compromessi, bloccando i processi dannosi o recuperando i file colpiti dal ransomware senza bisogno dell’intervento di nessuno”.
Tuttavia, l’automazione da sola potrebbe non offrire una protezione sufficiente in vari scenari, ed è qui che entra in gioco, ancora una volta, l’intelligenza umana.
“Un approccio ibrido, che sfrutta il rilevamento manuale e automatizzato delle minacce, può essere molto vantaggioso, poiché la parte automatica, da sola, potrebbe non riuscire a rilevare tutto”.
In declino: il rilevamento manuale delle minacce
Sebbene sia necessario disporre di talenti in grado di aiutare le imprese a garantire la sicurezza combinando l’intuito umano con AI e ML, le minacce in continua evoluzione stanno rendendo obsoleti i metodi di protezione più datati, spiega Graff.
“I metodi di rilevamento tradizionali non riescono più a stare al passo con le minacce”, afferma. “I criminali informatici utilizzano strumenti di intelligenza artificiale per lanciare attacchi più sofisticati, come campagne di phishing e clonazione di voce o video per impersonare capi o altre persone di fiducia”.
I professionisti della sicurezza dovranno utilizzare l’AI per combattere l’AI e coloro che miglioreranno le proprie competenze saranno ricompensati, sentenzia Graff.
“Le prospettive di lavoro per gli analisti della sicurezza informatica sono in crescita del 33% [in inglese] nei prossimi 10 anni”, indica. “E per ricoprire queste posizioni tanto richieste, i datori di lavoro potrebbero cercare persone con competenze nell’intelligenza artificiale per proteggere le loro informazioni e i loro dati”.
Di tendenza: tech utility infielder
Coloro che possono contribuire in più aree, soprattutto quando le esigenze cambiano rapidamente, sono difficili da trovare, fa notare Bruce Kornfeld [in inglese], chief marketing and product officer di StorMagic.
“Sono finiti i tempi in cui le assunzioni venivano pianificate con largo anticipo, sapendo esattamente cosa avrebbe fatto ogni neo-assunto”, riconosce Kornfeld. “Un individuo è meno richiesto se è esperto in un solo campo (front-end, UI, cloud, database, mobile) invece di essere in grado di contribuire in diverse discipline”.
“Inizieremo a vedere un aumento della domanda di persone in grado di muoversi tra diverse discipline e integrare competenze in materia di dati, legale, finanza, ingegneria e marketing”, illustra McCormack. “In futuro, team interfunzionali più piccoli, supportati da agenti AI, saranno in grado di fornire risultati che un tempo richiedevano reparti grandi e compartimentati. Penso che i ruoli specialistici inizieranno a essere meno critici perché l’intelligenza artificiale offre ora un accesso immediato a conoscenze approfondite in diversi ambiti”.
In declino: alcune certificazioni
George Contino [in inglese], vice president per la gestione delle risorse umane presso Verinext, fa eco alla convinzione comune secondo cui cloud, dati, rete, infrastruttura e sicurezza informatica sono ancora aree di grande necessità, ma afferma che una tendenza professionale che sta perdendo terreno è l’ottenimento di certificazioni per determinate competenze cloud [in inglese].
“Le certificazioni cloud di base stanno perdendo il loro vantaggio, poiché sono diventate il nuovo standard di riferimento nel settore”, dice Contino.
Drew Firment [in inglese], chief cloud strategist di Pluralsight, afferma che la domanda di certificazioni come CCNA, ITIL, CompTIA A+ e Network+ è in calo. Le considera più in linea con l’infrastruttura IT tradizionale e meno rilevanti oggi, a meno che non siano abbinate a competenze nel cloud o nel DevOps.
Nel frattempo, Firment afferma che le certificazioni relative all’infrastruttura cloud, all’intelligenza artificiale e all’architettura stanno registrando un aumento della domanda. Tra queste figurano in particolare AZ-900, AI-900 e AWS Solutions Architect.
“Si tratta di competenze fondamentali per le imprese che hanno già investito nel cloud”, afferma, “e che ora si stanno concentrando su funzionalità avanzate come l’ingegneria dei dati e l’intelligenza artificiale. Queste certificazioni sono interessanti perché supportano l’allineamento pratico dei ruoli lavorativi, a vantaggio sia dei singoli studenti che delle strategie di formazione a livello aziendale. Le certificazioni di base continuano ad essere importanti, ma le opportunità odierne si trovano in aree che dimostrano agilità, specializzazione e un legame diretto con le architetture moderne”.
Di tendenza: la produzione di prodotti abilitati all’intelligenza artificiale
Man mano che le aziende cercano di integrare l’AI nelle loro divisioni e nelle operazioni quotidiane, crescerà la necessità di persone in grado di creare nuovi prodotti che utilizzano l’automazione.
Il sondaggio di PwC ha rilevato, inoltre, che “i leader tecnologici sono speranzosi di poter soddisfare le aspettative aziendali e le priorità di innovazione, ma questa fiducia diminuisce quando vengono interrogati su trasformazioni tecnologiche specifiche. Mentre il 60% dei CIO si dice convinto di poter scalare l’AI all’interno della propria azienda, solo il 44% è certo di poter ottenere risultati tangibili”.
“Molte società sono alla ricerca di candidati esperti nel tradurre le capacità dell’intelligenza artificiale in applicazioni aziendali di grande impatto”, nota David Sewell, CTO di Synechron. “Questi specialisti colmano il divario tra le esigenze aziendali e gli strumenti, accelerando l’adozione dell’AI su larga scala”.
Raskovich di Deloitte vede opportunità emergenti per coloro che sono in grado di plasmare l’automazione per creare cose che non sono mai esistite prima.
“Il vero vantaggio professionale deriva dall’interpretazione della cultura, dalla capacità di orientarsi nelle zone grigie e dal porre domande a cui nessun set di dati può rispondere”, avverte. “Si tratta di un passaggio dall’essere un calcolatore all’essere un cartografo, che mappa nuovi territori dove i dati non possono ancora arrivare”.
In declino: le competenze tecnologiche scollegate dagli obiettivi aziendali
I ruoli puramente tecnici stanno diventando meno praticabili, afferma Avelange di Expereo. Oggi è importante che i tecnologi comprendano l’impatto più ampio del loro lavoro sull’azienda.
“Non è più sufficiente limitarsi a mantenere tutto in funzione”, conclude il manager. “Molte attività IT di routine vengono automatizzate o esternalizzate. Stiamo entrando in un’era in cui ogni ruolo tecnologico deve contribuire alla trasformazione, non solo alle operation”.
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